giovedì 30 marzo 2023

RIORIENTAMENTO

 


La vita non ha alcun senso se non è centrata sulla trascendenza.

Esistiamo solo per una ragione: tornare all’Origine, alla Fonte dalla quale siamo misteriosamente scaturiti.

Vivere senza avere ben chiara questa Meta è un lento suicidio morale.

Finché si è mediamente giovani, si è distratti dalle faccende umane, buone e cattive, nelle quali si è impegnati. E questo permette di non prendere stabile consapevolezza del vuoto abissale di un’esistenza terrena non incentrata su Dio.

Ma maturando e, più ancora, invecchiando, quella consapevolezza affiora sempre di più e non può più essere nascosta alla coscienza.

Se ci si ostina a negarla, affiora comunque sotto forma di ansia crescente, che si radica ben presto in un’angoscia oppressiva dalla quale non c’è modo di liberarsi.

Per questo è diventato consueto, anzi di moda, ricorrere ai cosiddetti “sostegni psicoterapeutici”, che sono però meri palliativi: non risolvono, ma anzi, alla lunga, aggravano la percezione disperante dell’abisso, perché non agiscono sulle cause del malessere, ma alleviano solo temporaneamente i sintomi, creando nuove esiziali dipendenze.

Vecchiaia, malattia e morte sono l’unica certezza della condizione umana, e costituiscono il problema centrale dell’esistenza.

La maturità dovrebbe portare saggezza: invece la mentalità indotta nell’umanità attuale porta a far di tutto per rimuovere i pensieri conturbanti. E a rinviare fino all’ultimo il confronto con questo problema fondamentale: vecchiaia, malattia e morte. Fino all’ultimo, cioè, fino al tempo in cui non si dispone più degli strumenti intellettuali, delle capacità morali e delle energie nervose per confrontarcisi davvero, con la speranza di risolverlo.

Se, al contrario, per gli antichi la vecchiaia era il tempo della saggezza, era proprio perché per loro l’intera esistenza era orientata al fine di diventare saggi.

Eppure il nostro tempo apparentemente malsano offre delle opportunità peculiari e inedite: infatti l’anomalia che lo caratterizza è causa di ricorrenti traumi psichici, ognuno dei quali può essere un’occasione propizia di risveglio della perduta consapevolezza.

La stessa sofferenza morale, che è divenuta la stabile e apparentemente ineludibile condizione di fasce di età sempre più giovani, è anche una chiamata dal profondo al risveglio della coscienza. Perché nella disperazione morale, indotta dalla percezione ineluttabile dell’abisso, risuona prepotente l’istinto di autoconservazione, che rivolge un incessante, accorato appello al ristabilimento dell’equilibrio psichico: vale a dire al ristabilimento dell’unico senso possibile della vita terrena, quale esclusivo antidoto alla depressione.

Qui si scatena un conflitto tremendo nella coscienza.

Perché la dimensione mondana e la mentalità indotta dallo psichismo collettivo non sono affatto atee o agnostiche, ma hanno anzi una natura specificamente religiosa.

Si tratta di una religiosità naturalistica, radicalmente opposta alla Trascendenza: perché incentrata sull’attaccamento alla vita terrena, alla dimensione sensuale, alla parcellizzazione della coscienza individuale in molteplici frammenti di ego, in perenne conflitto tra loro.

È un combattimento interiore di natura religiosa, che si svolge in parallelo alla guerra spirituale in atto nel mondo esterno. Una lotta che risale all’origine del mondo, testimoniata, in modo simbolico, dagli scritti sacri di tutte le Tradizioni antiche.

Pur essendo dichiaratamente opposta al dogma e alla morale della Religione tradizionale, la controreligione ha i suoi dogmi, la sua mitologia, la sua morale, i suoi riti. E questi elementi sono protetti da un possente meccanismo censorio e sanzionatorio, una vera e propria Grande Inquisizione diabolica.

Per questo il conflitto interiore può essere risolto solo abiurando totalmente e definitivamente dalla controreligione, orientando la vita alla Trascendenza, senza compromessi né oscillazioni.

Questo riorientamento presuppone necessariamente – salvo casi eccezionali che qui non possono essere considerati - l’adesione piena a una dottrina sacra tradizionale.

E si deve prendere atto che, per un occidentale contemporaneo, di fatto, non vi è via più accessibile e praticabile del Cattolicesimo Romano.

Per comprenderlo si deve essere capaci di gettare lo sguardo oltre lo stato deprimente in cui versa la struttura esteriore della Chiesa cattolica, a causa della decadenza intellettuale, della degenerazione morale, della devastazione dottrinaria e liturgica.

Ma la Verità essenziale giace al di là e al di sopra dell’apparenza esteriore.

È tuttavia necessario convincersi che, per quanto dimenticate e vilipese, le norme tradizionali conservano per intero la loro autorità e la loro efficacia, e devono essere quindi integralmente rispettate, nella propria quotidianità, con uno sforzo ininterrotto di conversione, graduale ma sempre più piena.

Questo richiede l’abbandono delle abitudini acquisite a causa della precedente adesione, anche inconsapevole, alla controreligione mondana. E un riorientamento totale della propria esistenza.

Gli elementi di questo cammino, predisposti dalla Religione Cattolica, sono quelli di sempre: la Scrittura, la Dottrina, i Sacramenti, la Morale.

È un percorso tracciato dentro ognuno di noi, che ognuno di noi deve prima riscoprire e poi intraprendere, proprio sotto la spinta pressante della necessità di trovare una via di scampo ai mali del mondo esteriore e ai mali interiori della coscienza individuale.

Ma è una via che, una volta intrapresa, sin dai primi passi è fonte incessante di gioia e di consolazione. Che si presentano, da subito, sia come compenso per gli sforzi compiuti, sia come viatico per moltiplicare l’impegno costante nella conversione.

Convergere significa ‘volgersi insieme’, ‘tendere a un medesimo fine’.

Nell’ambito interiore ciò si riferisce al sacro compito di unificazione dei frammenti sparsi della coscienza individuale, la graduale estinzione dei molti ego meschini, in perenne conflitto tra loro per l’effimera e velleitaria supremazia del nulla quotidiano.

Una progressiva e illuminante opera di pacificazione, che si compie in modo spontaneo, poco alla volta, quale effetto mirabile della Grazia, allorquando si orienta stabilmente l’esistenza terrena verso il vero Centro del Mondo, Gesù Cristo, immagine vivente e concreta in terra del Principio Supremo, inafferrabile e indefinibile nella sua infinita Trascendenza.



venerdì 8 aprile 2022

L'ABISSO


E continuo a ripetere “io”,

pur sapendo che è lì

tutto il male

che m'affligge.



giovedì 31 marzo 2022

LA RADICE DEL MALE

 



E per questo Dio invia loro una potenza d'inganno

perché essi credano alla menzogna

2 Tessalonicesi, 2,1


La chiave dell’inganno che affligge oggi la gran maggioranza della gente, è la cieca fiducia nella bontà del sistema sanitario, (sempre meno) pubblico e (sempre più) privato. In quell’organizzazione internazionale dell’industria medico-farmaceutica, connessa alla seduzione di un potere globale, che non si preoccupa nemmeno più di nascondere la sua matrice satanica.

Da almeno un secolo, è stata imposta alla massa una concezione totalmente mendace di salute, malattia e cura. Fondata su un’idea di prevenzione, il cui scopo principale, se non unico, è quello di cogliere, nelle individualità organiche dei “pazienti”, vere o presunte difformità da un modello astratto e ideale di “salute”, che non ha alcun riscontro nella realtà. Sì da inserire persone sostanzialmente sane in percorsi terapeutici alla lunga distruttivi, sia per l’equilibrio fisico sia per ciò che rimane di quello psichico.

In tal modo miliardi di persone in tutto il mondo, si sottopongono ciclicamente a screening e interventi medici non necessari, condannandosi inevitabilmente a finire, prima o dopo, nelle pastoie di un leviatano burocratico-sanitario, il cui reale interesse per il bene del paziente è pari a zero. Come ebbe già a intuire e denunciare, negli anni del Secondo Dopoguerra, il realismo visionario di un Dino Buzzati, nel racconto Sette piani.

La vicenda pandemica è stata dunque solo l’emersione di un meccanismo psicopatologico di massa in atto già da almeno un secolo.

Essa ha dimostrato inequivocabilmente come ciò che espone individui e collettività a essere dominati ed eterodiretti è soltanto la paura della malattia e della morte.

La paura paralizza il pensiero critico, perché la mente, saturata dall’emozione, è resa incapace di ragionare autonomamente e discriminare il fattuale dall’immaginario.

L’efficacia ormai massima del sistema mediatico, nel plasmare la falsa immaginazione individuale e collettiva, mediante l’induzione di correnti emozionali artificiali, è tale da generare spinte conformistiche praticamente irresistibili. Comportando l’assoggettamento dei molti compiacenti e la discriminazione fisica, morale e perfino giuridica dei pochi refrattari.

Ma il fattore principale di questo meccanismo di soggezione ipnotica è la mancanza di vera fede nella trascendenza, ormai generalizzata anche in chi ritiene di essere credente e, addirittura, in chi dovrebbe svolgere la funzione sacerdotale e pontificale nel mondo contemporaneo.

È questa mancanza ad aver fatto un tabù osceno, da rimuovere a ogni costo, di quell’evento morte che è, da quando veniamo al mondo, l’unica ineludibile certezza della nostra esistenza.

Con la conseguente incapacità, derivante da una cieca e deliberata rinuncia, a riconoscere l’evidenza del deperimento fisico come un processo naturale, e dunque giusto e necessario.

Perché esso porta con sé non solo sofferenza e malessere, ma anche, se accettato e “contemplato” giorno per giorno, un’opportunità meravigliosa di crescita interiore, che può essere coltivata e perseguita fino all’ultimo istante dell’esistenza terrena. E che ne costituisce, in ultima analisi, l’unico senso, l’unica vera ragion d’essere.


martedì 7 dicembre 2021

L' INFILTRATO


È quello che i preti chiamano "il diavolo":

non solo inganna per farci sbagliare, 

ma anche per far tacere la voce della coscienza 

e insabbiare il rimorso.

Succede a tutti, anche ai grandi Santi. 

Se ricordassimo tutte le nostre malefatte 

e vedessimo davvero ciò che siamo,

non ne sopporteremo la vista. 


Ἄτης ἄρουρα θάνατον ἐκκαρπίζεται.

Il campo della colpa dà per frutto la morte.

mercoledì 16 dicembre 2020

ὕπνος (ypnos)


Siamo entrati nel futuro
senza accorgercene.
E, sognando
la passata normalità,
senza accorgercene
ci adattiamo alla nuova.
Ma non ci sono passato e futuro:
abbiamo soltanto un presente,
nel quale
ci ostiniamo a non vivere.